“Metallo Italiano” promuove “Identità anonime”

“Identità anonime” tra i top album di “Metallo italiano”

Desma – Identità Anonime

19.03.2015 | Autore Paolo Ponente

Identità anonime

C’era una volta il rock italiano, un rock credibile che univa la tradizione della canzone italiana con sonorità più dure pur mantenendo una connotazione mainstream: i primissimi Litfiba, il rock blues dei Negrita, l’alternative dei Afterhours o il noise dei Marlene Kuntz fino ad arrivare ai Timoria di “Viaggio senza Vento”. Forse è quest’ultimo disco il migliore paragone per raccontare “Identità Anonime”, album di debutto dei Desma, band bresciana (guarda caso come i Timoria) e possibile astro nascente della scena rock italiana.

Dico “possibile”, perché se i nostri avessero avuto alle spalle una major avrebbero già fatto il botto dal un bel po’. Sarebbe bastato prendere una delle tante hit che infarciscono “Identità Anonime” per spazzare via i tanti insignificanti gruppetti pop “rock” che infestano il mercato italiano. Non so se siano stati snobbati oppure le loro facce non bucano lo schermo ma sta di fatto che hanno prodotto un album di grande livello, uno di quei dischi che non ti stancheresti mai di ascoltare privo di filler o brani deboli. E per questo ringraziamo l’Atomic Stuff che sta svolgendo un ottimo lavoro di scouting nel fertile underground italiano.
 
Mettiamo subito in chiaro che i nostri sanno suonare e pur creando melodie accattivanti, radiofoniche, i suoni sono sempre cattivi, distorti, la batteria picchia a dovere così come la chitarra, che non si risparmia in fase solista e gioca su una ritmica varia e articolata lontana dai soliti quattro accordi distorti con cui molti gruppi professano la loro fede rock. Non a caso ho citato i Timoria, probabilmente il gruppo italiano che ha saputo coniugare al meglio le sonorità hard rock con il pop. I Desma ripartono da lì, ma i loro arrangiamenti sono più complessi rispetto al gruppo di Pedrini, con tastiere e synth che svolgono un ruolo primario, colorando i brani con loop elettronici sullo stile di Subsonica e Negramaro.
 
L’album si apre con “Visione Liquida”, basso pulsante, riff cattivo e inserti synth nella strofa che aprono ad un chorus fantastico. Ecco che la prima hit è servita e subito notiamo l’ottima prestazione del singer Alberto Gobbi, la cui timbrica richiama piacevolmente quella di Renga (sarà forse l’accento bresciano?) pur con uno spettro vocale più contenuto.
 
Vocals distorte introducono la successiva “Ombre”, ancora una volta dalla ritmica sostenuta, con un ritornello che vi ritroverete a cantare dal primo ascolto e la tastiera che richiama le sonorità dei Muse.
 
Dopo due brani veloci, arriva la ballad “Indifferente”, un testo impegnato a discapito delle sonorità dolci del piano di Emanuele Torri con una linea vocale che ricorda i migliori Timoria. Ed anche questa volta ci troviamo ad ascoltare un brano che potrebbe tranquillamente sfondare nell’airplay dopo pochi passaggi.
 
Si riprende a correre veloci con “Falsi Dei”: un pattern di batteria più complesso gioca con il basso dalle venature funky e la chitarra che alterna effetti flanger a sonorità più heavy. Sicuramente una delle migliori canzoni del disco.
 
L’elettro rock dei Negramaro riecheggia tra le note di “Illusione”, ennesima hit del disco con l’ottimo lavoro dietro la batteria di Maurizio Torri, autore di una prestazione davvero notevole.
 
Un riff tipicamente hard rock, di matrice Led Zeppelin, introduce “Vedova Nera” dal testo al vetriolo mentre con “Nuova Alba”, il brano più lungo del disco, i nostri esprimono al meglio la loro creatività abbandonando per un attimo l’aspetto radiofonico e dando vita ad una traccia più ragionata, dall’arrangiamento raffinato.
 
“Inganno dell’Orgoglio”, tra effetti synth, ritmica in levare ed il “solito” ritornello che farete fatica a dimenticare, si fa notare per lo splendido assolo di Diego Gualteri che sfodera un background che affonda le sue radici nell’heavy classico.
 
Chiude degnamente l’album “Pochi Minuti”, un’aperta critica al mondo dei Talent Shows: riffs ossessivi, ipnotici ed una ritmica saltellante contraddistinguono la strofa mentre il chorus risulta come sempre più arioso.
 
I Desma sono una delle migliori realtà del rock italiano e questo debutto lascia intravedere qualcosa di più che un ruolo da semplici comprimari della scena italiana. Ripeto, se avessero alle spalle una major non mi meraviglierei di ascoltarli nei grandi network italiani ma forse il loro suono è ritenuto ancora troppo “cattivo” per l’ascoltatore medio italiano.
 
 

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